SARA

domenica 10 ottobre 2010

Non so chi sia Cecilia, l'autrice del brano riportato qui sotto, ma concordo sul fatto che di tutta la vicenda orribile accaduta a Sara Scazzi, come sempre, si sia considerato solo la retorica, la distinzione tra vittima e carnefice, senza andare in profondità.

Mi rendo conto sempre di più che considerare altri punti di vista sia sempre più difficile e ormai considerato "strano".


Brano di Cecilia trovato su internet:

Sarah è morta, è morta a 16 anni. E’ stato lo zio, forse il movente è di tipo sessuale. La cosa non sorprende e non sorprenderà nessuno ovviamente. Perchè non sorprende? Perchè in realtà tutti, ma proprio tutti sanno quello che è il destino di molte donne, o forse sarebbe meglio dire che tutti sono consapevoli dei rischi che comporta essere una donna, non importa l’età.

Sarah Scazzi è morta. E se è vero che la responsabilità penale è personale, è altrettanto vero che risulta abominevole e raccapricciante il fatto che con un’ostentata naturalezza e sfacciato sussiego molti in queste ora stanno sfoggiando i loro presentimenti. L’abominio consiste nel fatto che, sebbene questa società sia perfettamente consapevole della violenza dilagante contro le donne ( soprattutto in famiglia), nessuno fa nulla. Molti diranno: <>. Questa generalmente è la domanda di chi o non ha il coraggio di trovare una soluzione o in realtà non è per nulla preoccupato per il dramma che si consuma giornalmente nelle case: donne picchiate, insultate, maltrattate, stuprate e uccise da mariti/compagni, ex fidanzati, padri, zii, nonni, amici di famiglia, corteggiatori ( che di cavalleresco hanno ben poco).

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Questa domanda non è retorica, ma lo diventa quando l’unica reazione che si riesce ad avere è quella di stracciarsi le vesti e intonare compianti strazianti in favore della vittima, tessendone le lodi e l’innocenza. Si cercano gli aspetti più angelici della vittima cercando di farla apparire più un’icona eterea e poco reale; un’immagine idealizzata e magari poco lontana dalla ciò che quella persona era in effetti.

Sarah, come tutte le donne vittime della violenza maschile ( qualsiasi sia la forma che assume), aveva dei difetti, che noi non conosciamo. Sarah era una ragazza come tante, normale a tutte le sue coetanee; aveva degli idoli che seguiva, amava la musica, cercava di diventare grande il più in fretta possibile ( come capita a quasi tutti a quell’età). Ma era una persona come tante.

Sarah era normale come tutte le vittime di violenza, magari parlava troppo o troppo poco, magari era simpatica, magari no; forse era generosa o forse no.

Il problema è che per esorcizzare socialmente la piaga della violenza sulle donne l’unico rimedio in atto è quello di mitizzare queste figure, quasi a renderle martiri dalle doti soprannaturali e duqnue in questo modo allontanarle dalla quotidianità. Se i personaggi di una storia vengono spogliati della loro umanità l’esorcismo è riuscito: infatti pian piano queste vittime e i loro carnefici abbandonano la vita, abbandonano la dimensione del qui ed ora e diventano una favola di cui si riesce a cogliere l’inizio:

<>.

Questa è una tecnica antica come il mondo, o quanto meno come la cultura europeo-mediterranea, la tragedia greca infatti mettendo in scena problemi reali in contesti immaginari esorcizzava la dinamina tragica della vita vera.

Sarah, come molte donne, diventerà un archetipo mitico che ha ben poco a che fare con la tangibilità del presente.

E fino a quando questa società produrrà miti, fino a quando rinchiuderà la violenza maschile all’interno di una dimensione lontana nello spazio e nel tempo allora non si potrà mai affrontare il problema, perchè la verità è che nessuno andrebbe in cerca della strega di Biancaneve.

Sarah è morta. E non è una favola.

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