E' un libro breve, quasi un racconto che si legge rapidamente e sorprende con la sua semplicità. I personaggi di Ammaniti sono belli perché verosimili e perché non sono "perfetti", non sono idealizzati ed anche il brutto e cattivo suscita in qualche modo simpatia e comprensione. Quando poi il protagonista è un ragazzino allora sono ancora più ampliati quei piccoli grandi drammi del diventare grandi.
E' imbarazzante essere visti quando stai male. E quando uno sta morendo vuole essere lasciato solo. Questa cosa delle visite proprio non la capivo.
E poi io odiavo le fine. Nelle fini le cose si devono sempre, nele bene o nel male, mettere a posto. A me piaceva raccontare di scontri tra alieni e terrestri senza una ragione, di viaggi spaziali alla ricerca del nulla. E mi piacevano gli animali selvatici che vivevano senza un perché, senza sapere di morire. Mi faceva impazzire, quando vedevo un film, che papà e mamma stessero sempre a discutere della fine, come se la storia fosse tutta lì e il resto non contasse nulla. E allora, nella vita vera, anche lì, solo la fine è importante?
"Il mare fino a qui", di Simona Fruzzetti
6 giorni fa
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